Pensi a Picasso e pensi al Cubismo, pensi a Madrid, Malaga, Barcellona e Parigi. Pensi a Guernica, il grande capolavoro sinonimo dell’impegno civile e politico dell’artista.
Eppure c’è un periodo che va dal 1915 al 1925, in tutto 10 anni, in cui Pablo Picasso sperimenta, diventando altro: realizzazione di scene e costumi per balletti, opere teatrali, l’amore per la danzatrice che diventerà sua moglie, il realismo, l’arte rinascimentale, lo studio dell’arte classica e la commedia dell’arte. Tutto questo con Roma sullo sfondo ad ispirare e influenzare continuamente il genio creativo dell’artista: con i soggiorni all’hotel de Russie, le incursioni all’hotel Minerva, le passeggiate in Piazza del Popolo, i pomeriggi passati in via Margutta a lavorare e conoscere gli artisti locali, mentre in Europa imperversa la guerra. L’urbe segna tanto l’arte di Picasso quanto la sua vita privata.
Picasso. Tra Cubismo e Classicismo: 1915-1925 è la grande mostra inaugurata il 22 settembre alle Scuderie del Quirinale. Curata da Olivier Berggruen, la retrospettiva raccoglie un centinaio di capolavori con prestiti di musei e collezioni eccellenti, dal Musée Picasso e dal Centre Pompidou di Parigi alla Tate di Londra, dal MoMa e dal Metropolitan Museum al Guggenheim di New York.
Il costo del biglietto è di 15 euro e include l’audioguida per una visita che dura all’incirca un’ora, un’ora e mezza.
È il 1916 quando Picasso viene coinvolto da Jean Cocteau alla lavorazione dello spettacolo teatrale Parade, un balletto ispirato al suo poema. L’anno successivo i due partono e raggiungono la compagnia Ballet Russes di Sergej Djagilev a Roma, dove la compagnia sta per iniziare le prove per la messa in scena dello spettacolo.
Picasso mette a punto le scene e i costumi e nel frattempo la sua arte e la sua vita sentimentale evolvono. Si innamora di Olga Khochlova, danzatrice dei Ballets Russes, in seguito la sposa e nasce il primo figlio, Paulo.
Olga e Paulo diventano fonte di ispirazione per l’artista: inizia la parentesi del realismo e la serie dei ritratti classici che costellano l’intera mostra.
I ritratti di Olga sono affascinanti: occhi nocciola, capelli raccolti nello chignon ed eleganti elementi di art decò ad arricchire le vesti.
Per i ritratti del figlio, Picasso trae ispirazione dai colori vivaci della commedia dell’arte e il piccolo Paulo si traveste da Arlecchino, da Pierrot, da Pulcinella, che rimangono le figure più amate dal grande pittore.
Comincia a ritrarre le persone a lui vicine nelle vesti di artisti di strada. Li ritrae ora in chiave cubista, ora assecondando il classicismo, ora seguendo il realismo, in un continuo studio ed esercizio che fanno intendere quanto il soggiorno italiano abbia segnato l’emancipazione dai confini di qualsiasi stile o movimento artistico.
All’età di 36 anni Picasso, protagonista assoluto della rivoluzione cubista, capisce che continuare a muoversi all’interno di tale movimento vuol dire rimanere imbrigliato in uno stile destinato a morire.
Da qui lo sforzo di operare una sintesi tra i principi cubisti e quelli classici e la volontà di passare in rassegna ogni stile pittorico.
Proprio l’arlecchino, presente in molti dipinti delle sale, diventa metafora del processo creativo dell’artista, rappresenta l’abilità del giocoliere, in grado di saltare da un registro stilistico all’altro.
Superando le prime sale dell’esposizione, i dipinti diventano sempre più plastici e pittorici. Da Roma a Napoli, Picasso scopre i rilievi tardoromani, i motivi etruschi, le rovine pompeiane.
Le vivaci nature morte e gli allegri artisti circensi si alternano a ritratti statuari come Grande bagnante, Due donne che corrono e Tre donne alla fonte. Sono figure mastodontiche che traggono le loro pose dalla mitologia classica, eppure sono leggere, colpiscono per la gentilezza e la compostezza dei corpi. Colpisce anche l’espressione dei loro volti, gli sguardi si fanno sempre più intensi, pensierosi e malinconici: nascondono qualcosa.
Come nasconde qualcosa il dipinto, ispirato alla mitologia greca, Le Flute de pan. L’amore per Olga è svanito e il quadro allude al sentimento impossibile del pittore per una donna sposata.
Anche Le danse, esposto nella stessa sala, cela, e racconta allo stesso tempo, attraverso una danza angosciante, il triangolo amoroso di cui sono protagonisti alcuni amici di famiglia del pittore.
Le linee diventano più fluide, il movimento è frenetico, è morte e rinascita insieme. Il dipinto, ancora una volta, è una grande metafora del lavoro dell’artista: la danza è impulso creativo proprio come l’arte che distrugge e crea allo stesso tempo.
Si entra poi nel mondo magico di Parade. Al secondo piano delle Scuderie, possiamo ammirare le numerose stampe, i bozzetti preparatori, gli schizzi e i disegni per la messa in scena dell’opera teatrale.
I sei personaggi studiati da Picasso hanno colori vivaci e sono ispirati alla Commedia dell’arte: sono due manager simili a strutture cubiste-futuriste, un prestigiatore cinese, una ragazzina americana, una coppia di acrobati e un buffo cavallo che cercano di catturare l’interesse del pubblico con una danza dai toni burleschi.
Se la scenografia di Parade stilizza in linee geometriche e spezzate le case e le finestre di Parigi, il sipario richiama invece uno stile naturalistico e più misurato, oltre a evocare la magia del Circo.
Con le musiche di Etik Satie e le coreografie di Leonide Massine, la prima di Parade viene messa in scena nel maggio del 1917 al Theatre du Chatelet di Parigi.
Il frutto di questa grande esperienza rimane l’immensa tela Sipario per Parade. Il rosso tendone si apre su un coloratissimo e poetico circo di pagliacci, ballerini e animali.
Lungo 17 metri e alto 11, lo straordinario Sipario, prestito del Centre Pompidou di Parigi, è esposto a Palazzo Barberini, a cinque minuti dalle Scuderie del Quirinale, pagando un biglietto di 5 euro che permette di visitare le Gallerie Nazionali d’Arte Antica.
Per vederlo c’è tempo fino al 21 gennaio.