C’ero ma non so quel che ho votato. Si è giustificato più o meno così Damiano Coletta davanti a coloro venuti per assistere all’incontro sulla class action per le partite pregresse di Acqualatina.
Il sindaco è il primo a parlare e a mettere le mani avanti. Del resto in questi giorni da più parti gli è stato fatto notare la contraddizione nel promuovere la class action contro una tassazione che lui stesso ha votato.
E lui è pronto a dare la sua spiegazione: “Lo dico per lealtà di comportamento, a dicembre 2016 votai anche io e altri sindaci, approvai una delibera molto complessa e nelle maglie di questo articolo c’era anche questo aspetto che è passato un po’ così”.
“Se approvi una cosa e noti potenziale illegittimità non credo ci sia contraddizione”, aggiunge poi, e la contraddizione è proprio nell’aver organizzato l’incontro di oggi in cui di fatto legittima la scelta di fare causa a una società di cui è socio.
Insomma, ha sbagliato, si è pentito ed è corso ai ripari.
“Se i cittadini sono stati danneggiati sono il primo dalla loro parte, non per populismo ma perché cittadino viene prima”, conclude.
Parole gravi. Perché il sindaco ha ammesso di non essere a conoscenza degli atti che lui stesso vota. Un sindaco che rappresenta la cittadinanza, e che detiene il 10% delle quote di Acqualatina è responsabile egli stesso di quegli aumenti che ora contesta.
Se le partite pregresse siano legittime o meno, lo deciderà il Tribunale il prossimo 12 giugno.
Resta il fatto che a dicembre 2016 nessuno evidentemente aveva spiegato al sindaco che stava votando una voce in più sulle bollette, che quella voce era l’adempimento di una legge nazionale, e non un balzello qualunque che oggi etichetta come illegittimo.