Come al solito alla fine del completamento delle liste e reclutati tutti, anche quelli che non si voterebbero neppure sotto tortura, arrivano le elezioni e rispuntano le liste civiche. Prima di demolirle, vediamo cosa sono.
Rappresentano, da oltre 50 anni, la solita bandiera dell’antipolitica che viene agitata ogni volta che qualcuno decide di sostituire la cosiddetta società civile ai partiti. L’esempio più anodino di lista civica, con tutto il suo parabolico excursus, è il M5S. Eppure ogni candidato, e i candidati sindaci non sono da meno, si sente franare la terra sotto i piedi se non si circonda di liste civiche gonfie di rappresentanti, sperando di racimolare voti in ogni direzione.
Se guardiamo alla provincia di Latina, il discorso sulle civiche si fa davvero stringente. Questo ottobre andranno al voto 12 su 33 comuni che rappresentano più del più del 50% degli elettori. Tutti, e cioè Castelforte, Cisterna di Latina, Formia, Itri, Latina, Minturno, Norma, Pontinia, Priverno, Roccasecca dei Volsci, Sezze e Sperlonga, sono stati governati da liste civiche, meno Minturno, il cui Sindaco uscente è del PD ma appoggiato da una sfilza di liste civiche. Quattro di questi comuni sono caduti precocemente rispetto alla scadenza naturale. In più Carlo Medici, sindaco uscente di Pontinia è anche il Presidente della Provincia.
Lo scenario si presenta quindi foriero di ampi stravolgimenti, con un effetto domino che dal locale risale fino al nazionale e coinvolge non solo la politica ma anche la governance delle controllate. Non dimentichiamo infine che Latina è la seconda città del Lazio, e il sindaco Coletta ha goduto di ottima stampa, che ha parlato in toni entusiastici di ogni piccola cosa fatta, neanche fosse Luigi XIV. Ma i risultati dicono altro. La parola che serpeggia in ogni comune chiamato al voto è immobilismo. La ragione di tanta incapacità ad agire è facilmente rintracciabile proprio nella formazione stessa delle liste civiche. Chi le crea chiama professionisti di ogni scibile, pensando che possano portare voti in virtù del loro impegno nel mondo lavorativo. Questo travaso, dati alla mano, è totalmente deficitario, ma al contempo è capace di depauperare la forza dell’eletto, che si trova a governare senza tecnici, senza professionisti della politica, il cui ruolo è costruire mediando, senza altro che un pugno di professionisti che poco sanno della res pubblica.
Cosa manca a queste giunte? A questi consigli comunali? A queste amministrazioni così civiche? Manca la visione della loro città, il progetto di grande respiro capace di accendere entusiasmi, magari anche polemiche, ma che chiama ogni cittadino alla partecipazione, all’amore per la cosa comune. Questi sindaci così eletti parlano di grandi risultati alludendo al bilancio, ai conti, al risparmio creato con il taglio. Ma nulla creano, nulla che non sia ordinario, normale, minimo. Certo, in questo modo non si sbaglia. Perché chi fa sbaglia. Ma chi non fa non incorre in alcun errore, in alcun pericolo. Salvo poi dipingersi come salvatori della patria.
Noi come elettori vogliamo una città che sappia guardare al lungo periodo, non basta una pista ciclabile promessa e mai realizzata per fare di un comune qualcosa di unico. Ci vogliono idee e coraggio. Ma queste due doti difettano, soprattutto nelle liste civiche. E senza cazzimma non c’è splendore.