lunedì 2 Ottobre 2023

Medici in corsia fino a 70 anni per colmare le carenze negli ospedali. Tanti dubbi e rischi per i pazienti

Carenza di medici, si corre ai ripari.

Il Patto per la salute 2019-2021, approvato da Governo e Regioni, contiene una sezione dedicata a varie misure volte a fronteggiare la carenza di medici e altri professionisti sanitari.

Tra gli interventi in grado di garantire un tamponamento immediato dell’emergenza la facoltà, sino al 31 dicembre 2022, per i medici specialisti, su base volontaria e per esigenze dell’azienda o dell’ente di appartenenza, di permanere in servizio anche oltre il limite di 40 anni di servizio effettivo […] e comunque non oltre il 70° anno di età”.

Pratica già utilizzata in molte Asl come quella di Latina che non manca di suscitare alcuni dubbi.

Secondo le stime del Ministero della Salute sarebbero almeno 10.000 i medici potenzialmente interessati a questa misura, fortemente criticata da Anaao, il sindacato più rappresentativo dei medici ospedalieri, anche perché l’attuale età media dei medici in servizio è già tra le più elevate d’Europa.

“Se è certo che tale misura non avrà alcun impatto sulla finanza pubblica – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe  – spiace constatare che, a dispetto della legge del 2017 sulla sicurezza delle cure,  il dibattito non ha tenuto conto né dei potenziali rischi per i pazienti, né il fatto che i dati di letteratura sulla relazione tra età dei medici e performance professionali sono contrastanti, quando non decisamente allarmanti”.

Una revisione sistematica sulla relazione tra qualità dell’assistenza ed anni di carriera condotta su 62 studi e oltre 33.000 medici ha dimostrato che in 15 (25%) degli studi inclusi i medici più anziani hanno performance analoghe o migliori dei più giovani.

Ma in 32 studi (52%) i medici a fine carriera hanno minori conoscenze cliniche, aderiscono meno alle raccomandazioni delle linee guida ed hanno performance peggiori sull’appropriatezza dei processi preventivi, diagnostici e terapeutici.

“Più in generale – spiega Cartabellotta – anche se i medici sono più resilienti al decadimento fisico e cognitivo legato all’età, robuste evidenze scientifiche dimostrano che con l’aumentare degli anni apportano al contempo benefici e rischi sia ai pazienti, sia all’organizzazione sanitaria”.

Se da un lato la cosiddetta “intelligenza cristallizzata”, ovvero la capacità di utilizzare rapidamente conoscenze, abilità ed esperienze acquisite, aumenta dai 40 ai 70 anni, dall’altro l’ “intelligenza fluida”, che include bisogno di aggiornamento, velocità di elaborazione dei dati e risoluzione di scenari clinici e problemi insoliti, inizia a declinare molto lentamente a partire dai 40 anni, per ridursi drasticamente dopo i 60-65 anni.

“Di conseguenza – continua il presidente – se da un lato va dato atto a Governo e Regioni di aver finalmente messo nero su bianco diverse misure integrate per affrontare la gravissima carenza di personale sanitario, dall’altro questa contromisura d’emergenza richiederebbe una valutazione psico-fisica standardizzata dei medici che intendono avvalersene, al fine di minimizzare i rischi per i pazienti, aumentare la sicurezza delle cure e ridurre il potenziale contenzioso medico-legale».

Considerazioni che non possono passare inosservate.

Tanto è che la Fondazione Gimbe chiede al Ministro Speranza di inserire nell’emendamento al Milleproroghe l’obbligo di una procedura nazionale standardizzata per valutare le performance fisiche e cognitive dei medici che offriranno la loro disponibilità a rimanere in corsia sino a 70 anni, oltre ad un potenziamento del monitoraggio degli eventi sentinella nelle strutture in cui lavoreranno questi professionisti.

“La sicurezza dei pazienti e la qualità delle cure vengono prima di tutto. Esattamente come accade per i piloti che, per garantire la sicurezza dei voli, devono sottoporsi a visita medica almeno una volta l’anno, dopo i 60 anni devono farlo ogni sei mesi e a 65 anni devono – conclude Cartabellotta –  improrogabilmente appendere la cloche al chiodo”.

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