Home Impresa e Famiglia L’esodo del made in Italy, il mondo chiama i nostri ricercatori

L’esodo del made in Italy, il mondo chiama i nostri ricercatori

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Nei giorni scorsi è stata firmata un’importante convenzione tra la Confartigianato della provincia di Latina e il Campus Bio-Medico di Roma.

Un traguardo significativo che permetterà al nostro territorio provinciale di trarre benefici a livello sociale. Una riflessione sorge spontanea, un’osservazione dettata dal confronto con i vertici del Campus.

Il Policlinico universitario vanta corsi di laurea in medicina e chirurgia, infermieristica, tecniche di radiologia, ingegneria chimica e biomedica con laboratori all’avanguardia. Visitando i laboratori si respira “aria di ricerca”, postazioni presenziate da giovani universitari, pile di tesi di laurea, apparecchiature altamente innovative, prototipi collegati ad elettrodi come la mano artificiale in procinto di recepire una nuova tecnologia.

Si tocca con mano l’entusiasmo dei giovani, dei nostri giovani talenti, dei quali solo un terzo rimane nel “Bel Paese” a combattere con condizioni di lavoro sfavorevoli, guadagni bassi, possibilità di carriera striminzite e scarsa soddisfazione.

La maggioranza fugge all’estero. Il fenomeno della fuga dei cervelli ormai non è una novità sicuramente, ma con i dati recenti alla mano il fenomeno è preoccupante.

La Gran Bretagna sta assorbendo tutti i nostri medici. La Germania è a caccia dei nostri fisici. E addirittura dalla lontana Nuova Zelanda aumenta la domanda dei nostri ricercatori. Fuori dall’Italia i compensi economici si triplicano e non si ritorna più in patria. Fuori dai confini i nostri dottori di ricerca si trasformano, producono, ottengono soddisfazione.

L’esodo del made in Italy… quindi? Non dovevamo solo esportare un marchio?

Il sotto-finanziamento della ricerca italiana purtroppo condanna il nostro Paese al declino, ma in tal caso non solo economico. Il declino sociale è ancor più allarmante e si traduce in un impoverimento del capitale umano a scapito dello sviluppo. Oggi essere un ricercatore in Italia è un po’ come soffrire della sindrome di Peter Pan.

Abbiamo necessità di interventi reali e immediati. Necessitiamo di politiche di supporto per sostenere i nostri giovani ricercatori e tutto il sistema della ricerca. Sono troppe le parole che stanno riempendo il nostro quotidiano.

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