di Massimo Guida – Come spesso succede in Italia le contrapposizioni tra partiti e tra personaggi politici vengono fondate su un piano etico e non di opinione o differenza di intenti. Così è successo anche all’interno del PD di Latina che ha visto al suo interno crearsi due correnti – dette per comodità maggioranza e minoranza – che discordano non tanto su temi politici veri o piani programmatici del partito (sulla conferma di Sarubbo alla Presidenza della Commissione Trasparenza sono stati tutti d’accorso) quanto su un piano morale.
Qualche giorno fa tre consiglieri, Fabrizio Mattioli, Fabrizio Porcari e Giorgio De Marchis hanno presentato un documento per chiedere la riorganizzazione dei circoli e un congresso comunale. Solo strumentalizzazioni secondo Paolo Valente, responsabile dell’organizzazione provinciale del Partito Democratico. Il congresso, infatti, è già in via di definizione, si sta redigendo il regolamento e si svolgerà a breve ad aprile o comunque entro il prossimo appuntamento elettorale che è previsto per il 25 maggio.
Certo è che anche questi consiglieri che muovono critiche al partito dall’interno hanno i loro piccoli scheletri nell’armadio. Per esempio si dice che Fabrizio Mattioli, che parla di un partito che non funziona e da riformare, non è iscritto al PD e che comunque non abbia la tessera da almeno due anni.
Oppure Porcari che ha accusato il partito di essere epurato perché non renziano e per non essersi “mai allineato”. “Potete cacciarmi da tutte le commissioni che volete ma non avrete mai la mia DIGNITÀ (vale molto di più di questi giochetti della peggior politica). Quanti altri possono dire lo stesso?” scriveva su Facebook qualche giorno fa. Eppure, eletto all’assemblea regionale nella lista che sosteneva Fabio Melilli è stato designato come membro della direzione regionale, che è un organo politico, perché pare che a fare il suo nome sia stata Lorenza Bonaccorsi, avversaria di Melilli per la corsa alle primarie e anche lei renziana.
La coerenza non è mai troppa in politica, soprattutto quando ci si erge a “moralizzatore”.