Le amministrative sono ormai al conto alla rovescia. Ma alla rovescia, o all’indietro, sembra che stia andando tutto il mondo della politica. Eppure di segnali da cogliere ce ne sono tanti, i cambiamenti ci sono stati, magari anche già metabolizzati. Pensate che quando il mostro delle elezioni si avvicina, il panico prende il sopravvento. Come? Cominciamo con il fenomeno delle liste civiche. Sono nate come una risposta dell’antipolitica alla politica di mestiere e di intrallazzi, senza ideologie, perché qualcuno ha detto che queste sono morte, senza azione sul territorio, perché non serve, senza una struttura, perché costa e i costi richiamano il malaffare. Dovevano essere la grande idea per far tornare consenso e partecipazione da parte della gente. Per fortuna che gli elettori non ci hanno creduto. Perché la politica è passione, è idee e ideologie, è avere qualcosa di più di uno slogan qualunquista. Qualche anima bella dirà, già lo sento: “E allora il M5S?”. Grazie della domanda. Ecco, adesso è sotto gli occhi di tutti che una lista civica, quale voleva essere, può fare sfracelli ma poi si sfracella. E diventa pure partito, ma senza ideologia, e quindi si sgonfia come un soufflé.
Anche a Latina le liste civiche spuntano come lumache alla prima pioggia, lasciando dietro un miscuglio di tutto e nulla che poco porta alla dinamica del confronto, ma illude i candidati di portare voti. Credo che ci accorgeremo presto della reale portata di questi raggruppamenti, ma in fondo basterebbe studiare le politiche di cinque anni fa.
Stesso discorso sulla stantia pratica, a poche ore (domani alle ore 12,00) scade il tempo per il deposito legale delle liste, di infilare dentro nomi esplosivi nella speranza che portino voti. Sta accadendo a Roma con nomi di Big o Vip del mondo dello spettacolo dello sport, docenti, imprenditori pseudo-blasonati, così come a Bologna e a Milano.
Il calciomercato è un pelo più serio, e di solito porta ai club grandi campioni o grandi promesse. Gli uni e le altre a volte si rivelano un flop. E si cedono. In politica non è così facile scaricare i brocchi. Basterebbe non prenderli.
Fatemi spendere una parola anche sui poster. Molti credono che il vecchio sia questo.No, non è vecchio il manifesto. Ma l’uso che se ne fa. Guardate le campagne in Francia o in Inghilterra e poi ne riparliamo. Non esiste nulla di più impattante che il classico manifesto che, in più, è decisamente più economico di uno spot in tv. Invece sento dire che l’affissione costa e il web no.
E qui passo all’ultima voce del mio commento, perché la disanima del vecchio che torna nuovo non è ancora finita. Molti si sono accorti che esiste un media, il web, il digital, l’internet, chiamatelo come volete, che ha stravolto il mercato e cambiato le nostre vite. E parlando di informazione, di giornali, ha fatto lo stesso effetto di un terremoto. Molti quotidiani cartacei, anche di grande pregio – figuriamoci i piccoli di provincia – si sono cullati per anni nell’illusione di mantenere il predominio dall’alto delle copie vendute, cosa che ormai non accade più. Vivono ancora per i nostalgici, per i vintage. Questi giornali sono zombie. Hanno perso il contatto con la realtà e continuano a pensare di raccontarvela, poveri illusi. Le persone, il pubblico, hanno il cellulare in mano, il tablet se vogliono essere più comodi, e quello che vogliono sapere se lo scelgono lì sopra. Noi lo abbiamo capito subito che la strada fosse quella, e siamo nati già da subito digitali. Ci siamo cercati i collaboratori capaci di usare un mezzo nuovo ma ogni giorno più ricco e complesso, abbiamo creato un sistema che parlasse anche tramite i social e i canali di chat, come Telegram.
Oggi sento parlare di social media manager con la stessa facilità con cui un tempo si parlava di grafici: uno vale l’altro, più è strano e ermetico più deve essere bravo e magari pure economico. Peccato che questi professionisti, quando davvero lo sono, non risultino tutti uguali. Parlare di politica, di idee, di programmi, non è lo stesso che parlare di un fard, di un supermercato, di un cocktail. Un social media manager non va bene per tutto. La specializzazione, la preparazione, la conoscenza del territorio oltre che delle tecnologie e delle piattaforme, conta. E costa. Su queste scelte non si può sbagliare, perché il tempo è poco, un mese è un istante, e un errore si paga in termini di credibilità, di hater, di leoni da tastiera.
Ai candidati voglio dire, democraticamente a tutti, scegliere bene non è un lusso ma una necessità, perché come dice un vecchio esperto di comunicazione che conosco bene, la fretta passa e la merda resta.