Latina è città viva o città morta? Se la vedi dai pub il venerdì sera è figa, se la vedi in centro il lunedì mattina è triste. Due anime in una città sola, ma? Ma si è non tristi se si ha una idea comunitaria di se stesi, se si ha un noi. Latina è una “capitale” nei pub, è un serpente che si ritira su se stesso in centro. Latina sarà se sarà capitale, se uscirà dalla nostalgia per non avere le mura e si farà catalizzatore di un mondo che va da Aprilia, Anzio, Nettuno fino a Terracina e a monte scavalla il Semprevisa. Deve pensarsi per i giovani, e non per i propri giovani, deve raccogliere fermenti, non fermentare esclusioni. Calcutta è nato a Sezze da famiglia di Bassiano, è la punti dell’iceberg del fermento della Latina capitale. Mentre c’è questo la politica è ferma all’urbanistica, alla retorica di un passato inquietante in quanto privo di ogni futuro. Basta scegliere se vuoi essere la città del canale delle acque alte o la città di Calcutta, Nardi, la Ensoli, della squadra di pallavolo in serie A. Non è da poco, da un lato la città del silenzio, per dirla alla Moravia, la città chiusa in nostalgie di eden inventati, dall’altro il rumore dei ragazzi che, a loro volta, debbono essere arroganti al futuro e mandare a quel paese nonni ingombranti che ancora piangono sulle loro mostruosità.
La Latina triste dei nonni, la scommessa del rumore dei ragazzi
Lidano Grassucci
Direttore di LatinaQuotidiano fino ad Aprile 2018. Giornalista professionista, laureato in scienze politiche, è stato direttore de Il Territorio, Tele Etere, Economia Pontina, caposervizio presso Latina Oggi e autore di numerose pubblicazioni.