C’era bisogno di un polverone che distraesse l’opinione pubblica dal concorsopoli PD e dallo scandalo Grillo. Così, nelle ultime 24 ore si è sentito parlare soprattutto dell’inchiesta di Fanpage che coinvolge il sottosegretario al Mef Claudio Durigon (Lega).
Niente di nuovo, se si pensa alle tante inchieste giornalistiche che, per fortuna, alcuni colleghi portano avanti ancora con dedizione nonostante i deboli riconoscimenti economici e spesso anche rischiando la pelle.
Ciò che ci fa pensare è la tempistica dell’inchiesta e soprattutto il fatto che su un video di 45 minuti, ricco di “fattacci”, ci si soffermi su una frase in particolare: parlando dell’inchiesta sui fondi del Carroccio, Durigon (o meglio un braccio che sembrerebbe essere il suo), ripreso da telecamera nascosta pare che dica “quello che fa le indagini sulla Lega lo abbiamo messo noi”.
Si sta assistendo insomma alla tecnica del cecchino: tiene nel mirino qualcosa ma l’obiettivo da colpire è un altro. Perché, in verità, questa frase mette soprattutto in discussione l’affidabilità della Guardia di Finanza, più che dichiarare un senso di colpa leghista.
A riguardo il procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi, i due pm titolari delle indagini su Lombardia Film Commission e i sospetti fondi neri per la Lega, confermano la propria fiducia nei militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf che hanno indagato su Lfc e ribadiscono la tempestività, la professionalità e il rigore negli accertamenti che sono stati loro delegati.
Intanto, piovono numerose le richieste di dimissioni, mentre fonti della Lega fanno sapere che Durigon “è tranquillamente al lavoro” e ha già presentato dieci querele.
D’altra parte “scagli la prima pietra chi non ha peccato” disse Gesù e la politica sulle pietre lanciate ci ha costruito palazzi.