Cresce il rischio povertà in Italia. Nei cinque anni di crisi economica che vanno dal 2008 al 2012, gli italiani che ricadono nella definizione di individui “a rischio povertà o esclusione sociale” sono passati dal 25,3 per cento al 29,9. Quasi uno su tre.
A certificarlo è l’Eurostat, secondo i cui parametri rientra in questo purtroppo vasto gruppo chi possiede almeno uno dei seguenti requisiti: è a rischio povertà dopo i trasferimenti sociali, è già dentro lo stato di povertà con forti mancanze materiali (ad esempio è impossibilitata a pagare spese impreviste), oppure vive in una famiglia con una bassa intensità di lavoro.
In numeri assoluti, le persone a rischio di povertà o esclusione sociale in Italia sono poco più di 18 milioni. In percentuale, nella zona Euro solo la Grecia è messa peggio di noi, mentre dati di poco inferiori a quelli italiani si registrano in Spagna e Portogallo. Dati molto più bassi si registrano invece in Francia, Germania, Finlandia e Olanda, Paesi nei quali il rischio povertà riguarda percentuali di popolazione comprese tra il 15 e il 20%.
La misura di quanto le cose vadano male è rappresentata anche da altri dati resi oggi noti dall’Inps. Nello stesso periodo preso in esame da Eurostat, cioè il quinquennio di crisi 2008-2012, secondo l’istituto previdenziale il potere d’acquisto delle famiglie italiane è letteralmente crollato, perdendo quasi 10 punti percentuali.