di Eleonora Spagnolo – Fabio Bianchi è l’attuale assessore provinciale alla promozione culturale, ai beni archeologici, storici e monumentali, alle politiche sociali, per la famiglia e per l’immigrazione. In giunta da 10 anni, ha un passato in Alleanza Nazionale, ha aderito al Popolo della Libertà e ora milita in Forza Italia. Con lui abbiamo parlato delle elezioni provinciali e del futuro del centrodestra, a livello nazionale e locale.
Come vede questa nuova provincia che sorgerà dopo le elezioni di settembre?
La nuova provincia non la vedo più. Nel senso che questa riforma va contro i principi della democrazia e creerà vuoti rispetto alle risposte che quotidianamente l’istituzione deve dare. Le fasce più deboli vedranno scomparire i livelli di qualità di risposta e anche la tempestività delle risposte. In 10 anni di giunta sono stato assessore alle politiche sociali e conosco profondamente questo mondo, e sono in grado di definire le aspettative crescenti di una fetta importante della popolazione che dopo la riforma si troverà spaesata. Non avrà più gli standard di qualità che finora ha avuto.
Che tipo di ruolo politico sta pensando di ritagliarsi in futuro?
Nella mia vita mi sono sempre considerato un cittadino, non sono un politico di professione. Ora guardo quello che accade a Latina e in questo stato di cose l’amministrazione sta godendo dei benefici programmati dalle precedenti legislature. Non vedo la prospettiva di una città nuova. Nel centrodestra non condivido quello che sta accadendo perché lascia la città in uno stato di inattività. Sento passeggiando per le strade e relazionandomi con i commercianti, i professionisti e la gente comune uno stato di delusione. E non è una bandiera blu a cambiare i destini della città.
Come vede le vicende del centrodestra a livello nazionale? Tornerete uniti, e se sì anche sul piano locale?
I movimenti che si creano a livello nazionale avranno ripercussioni a livello locale. Il problema del centrodestra, tolto Silvio Berlusconi che ha raggiunto un limite legato all’età, è che non c’è nessuno in grado di compensare tutto il mondo variegato da cui il centrodestra è costituito. Mentre nel centrosinistra hanno trovato una persona, con vuoti di carattere politico a mio parere, che è Renzi, che ha saputo unirli, nel centrodestra manca qualcosa del genere. Ci vorrebbe una federazione di centrodestra come c’era all’epoca di AN, Forza Italia e UDC. C’è bisogno di dialogo. Ma il quadro di oggi è frutto di, li chiamerei “malintesi” tra i vertici del centrodestra attuale. Tutti dovrebbero fare un passo indietro, non possiamo presentare le solite proposte che scontano anche una data (mi riferisco a persone quali Schifani e Cicchitto), ai soliti rappresentanti che fanno parte ora strumentalmente del Governo Renzi.
Che ruolo avrà Forza Italia in provincia? Esprimerà un candidato o convergerà su Di Giorgi che sembra il nome più scontato?
Io credo che il segretario provinciale e il coordinatore regionale non devono considerare una candidatura diversa da Forza Italia perché resta il primo partito della provincia. Cusani ha guidato per 10 anni la provincia ed è un esponente di Forza Italia. Quindi, se vogliamo far funzionare la provincia dobbiamo rispettare gli equilibri politici. Non è una sedia dove facciamo sedere qualcuno che sta smettendo la sua carriera amministrativa. Forza Italia ha le persone adatte. Ma qui ancora c’è il problema di capire il sistema di voto, quindi è presto per fare nomi. Hanno complicato un elemento facilissimo, bastava mandare i cittadini alle urne.
Indicherebbe un possibile candidato?
Fare nomi oggi è impossibile. Direi anche fuori luogo. Aspetteremo le segreterie regionali e provinciali. Ora le provincie avranno un ruolo diverso, così come i comuni grandi che spero abbiano la forza di fare una politica di solidarietà rispetto agli altri comuni. Il sistema di voto farà in modo che i piccoli comuni avranno una sperequazione al ribasso. I comuni grandi devono avere un occhio non gettato solo alla tutela dei rispettivi territori ma devono essere in grado di interpretare una politica provinciale, senza mai dimenticare le esigenze dei comuni più piccoli.