di Francesco Miscioscia – Mancano cinque giorni alle elezioni del 25 maggio e in queste ultime ore di campagna elettorale i sei candidati a sindaco di Cisterna si affannano a racimolare gli ultimi voti girando come trottole a destra a manca.
Abbiamo già messo a confronto i programmi elettorali di Antonello Merolla, Mauro Carturan, Eleonora Della Penna, Paolo Panfili, Maria Innamorato e Riccardo Carletti ponendoli sotto la lente d’ingrandimento dal punto di vista dei contenuti, ma vogliamo parlare del modo in cui sono scritti? Non ci riferiamo alla grammatica – seppure anche su questo aspetto ci sarebbe qualcosa da dire – ma al modo in cui sono esposti i punti in programma dei vari candidati.
Li definirei programmi da Prima Repubblica; antichi e passati di moda nell’era della politica 2.0 nella quale gli elettori non sono più meri voti che fanno numero ma sono interlocutori attenti e critici. Adesso, anche e soprattutto in questo momento “renziano”, i programmi devono diventare cronoprogrammi, devono essere misurabili e verificabili.
E’ facile dire “più lavoro per i cisternesi” o “una città sicura”, queste sono parole vuote senza nessun significato per chi vuole scegliere il sindaco di Cisterna con consapevolezza. La gente è stufa di sentire promesse che poi non vengono mantenute, le persone vogliono sapere quando, come, con quali fondi e con quali interlocutori verranno realizzati i progetti.
I cittadini vogliono avere la possibilità, un domani, di verificare l’operato del sindaco al quale hanno dato il voto, vogliono avere un documento sul quale misurare la credibilità dell’amministrazione.
Invece così non potrà essere perché, anche questa volta, gli elettori dovranno scegliere sulla base delle simpatie e delle promesse elettorali, ritrovandosi magari tra cinque anni gli stessi buoni propositi – se non gli stessi candidati – in forma di programma elettorale.