“Non sono fascista”, si difende Claudio Durigon dai duri attacchi di questi giorni, ma è costretto a dimettersi. Da più parti, dopo la sua proposta di intitolare di nuovo il parco Falcone Borsellino, a Latina, al fratello di Benito Mussolini, avevano chiesto che lasciasse il suo ruolo di sottosegretario alle Finanze, perché i valori antifascisti sono alla base della nostra Costituzione, e così è stato.
Dopo giorni in cui prima era stato costretto al silenzio stampa e a una vacanza forzata e poi aveva sentito il presidente del consiglio Draghi e il leader del suo partito, Matteo Salvini, Durigon lascia. E spiega le motivazioni in una lunga lettera aperta.
“Un processo di comunicazione – spiega Durigon assumendosi la responsabilità delle sue parole – si valuta non in base alle intenzioni di chi comunica, ma al risultato ottenuto su chi riceve il messaggio”. Lui avrebbe, dice, commesso l’errore in “buona fede”. “Non sono, e non sono mai stato, fascista. Sono e sarò sempre contro ogni dittatura e ogni ideologia totalitaria, di destra o di sinistra».
Poi chiede scusa “alle famiglie Falcone e Borsellino, e a quelle degli agenti di scorta”, ma anche alle famiglie delle vittime della mafia che in qualche modo si sono sentite offese dalle sue affermazioni.
“Nella mia mal formulata proposta, io avevo a cuore solo l’idea di ricordare questa storia così intensa e così particolare” della bonifica della pianura pontina di cui si dice “figlio”.
“Al di là dei miei errori di comunicazione (nella forma), nella sostanza sono stato strumentalmente attaccato per aver proposto di salvare la memoria storica di cui sopra” da parte di “professionisti della strumentalizzazione che hanno usato le mie parole con l’unico fine di colpire me e il partito che rappresento. Si tratta di un’operazione che, come detto, mi ferisce profondamente e che non posso più tollerare”.
“Per tutto questo, per uscire da una polemica che sta portando a calpestare tutti i valori in cui credo, ho deciso di dimettermi dal mio incarico di governo”.
“Ringrazio Claudio – ha detto Salvini dopo le dimissioni – non solo come politico ma soprattutto come uomo, amico, persona onesta, concreta, schietta e coraggiosa, che a differenza di altri lascia la poltrona per amore dell’Italia e della Lega, e per non rallentare il lavoro del Governo, messo irresponsabilmente in difficoltà per colpa di polemiche quotidiane e strumentali da parte della sinistra. Che questo gesto di responsabilità e generosità induca a seria riflessione altri politici, al Governo e non solo, che non si stanno dimostrando all’altezza del loro ruolo. Conto su Claudio per la scrittura della nuova riforma delle pensioni, vicina a Quota 100 e lontana dalla Fornero – ha concluso – per la rottamazione di milioni di cartelle esattoriali, e per nuovi incarichi per aiutare la Lega a crescere ancora”.