Camere di commercio di Latina e Frosinone al centro di un progetto di fusione che rischia di finire in un grande “bluff”.
A dicembre il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha firmato il decreto con cui si dà l’input per procedere alla nascita di un Ente camerale unico.
La sede legale sarà a Latina mentre a Frosinone ci sarà quella operativa.
Da qui è iniziato quello che si potrebbe definire un vero e proprio derby tra le due province mirato più a distogliere l’attenzione dal cuore nevralgico della questione, che ad affrontarlo con la serietà che richiede.
Si gioca, con un battage mediatico evidentemente mirato e voluto da qualcuno, a rendere un passaggio che comunque non sarà indolore, un mero gioco di poltrone.
I nomi si susseguono, solo su certa stampa ovviamente, per fare confusione. Si gettano nomi, non ultimo quello dell’attuale presidente di Confcommercio, Giovanni Acampora, come se nulla fosse in un gioco che non interessa e non appassiona.
Non interessa perché su tutto grava il pronunciamento della Corte costituzionale sulla riduzione del numero degli Enti camerali previsto ad aprile 2020.
I giudici della Corte Costituzionale potrebbero, infatti, cancellare la riforma facendo cadere gli accorpamenti decisi in tutta Italia.
Tra cui quello degli Enti camerali di Latina e Frosinone.
Nel mezzo resta un Ente, la Camera di commercio, che dovrebbe garantire allo sviluppo economico del territorio di cui è espressione.
Dovrebbe dare voce alle imprese e gambe forti per creare un sistema economico competitivo e capace di porsi sui mercati nazionali ed internazionali all’insegna delle eccellenze che rappresentano.
Che dovrebbe agire, nell’interesse delle imprese che rappresenta, per mettere in campo sinergie e strategie per una crescita che è ferma ad anni di un commissariamento che da straordinario è diventato ordinario.
Oggi creare un solo Ente camerale per due province rischia di gettare all’aria posti di lavoro, di allontanare servizi e rappresentatività dai territori in cui le aziende operano in nome e per conto di risparmi che potrebbero non verificarsi come accaduto nel caso delle Province ridotte ad inutili Enti di II livello incapaci di rispondere alle effettive esigenze dei territori.
Su questo il dibattito inerente un’eventuale fusione dovrebbe intervenire con la concretezza che le imprese richiedono, con un programma di azioni concrete da mettere in campo per territori devastati da una crisi che continua a far abbassare le serrande e a lasciare vuoti incolmabili sul piano dell’occupazione e dell’efficienza di un sistema economico agli sgoccioli.
E’ da 2017 che il processo di riordino delle Camere di commercio doveva essere compiuto.
Dopo tre anni siamo a quello che sembra l’ennesimo grande bluff.