di Eleonora Spagnolo – Camere di Commercio, cosa farne? Tenerle in piedi così come sono sempre state non rientra negli obiettivi del governo Renzi, che anzi, le ha prese di mira come già fatto per le province, i Tar e il Cnel. Retaggi e ramificazioni della pubblica amministrazione di cui è bene chiedersi l’effettiva utilità prima di limitarsi alla difesa dell’esistente.
Le Camere di Commercio hanno avuto fino ad ora funzioni utili che è loro interesse mantenere. Basti citare il mantenimento del registro delle imprese. E, cosa forse ancora più rilevante, l’assistenza alle piccole e medie aziende nelle richieste di erogazione del credito. Altro punto di forza è che non sono un ente che pesa sul bilancio dello Stato. Al contrario, le loro entrate derivano dalle aziende stesse che versano un “diritto annuale”. Nel Lazio, mediamente, le aziende contribuiscono con 126 euro l’anno cui si aggiungono altri oneri dipendenti dai fatturati.
Il Governo, con il Decreto 90/2014, vuole ridurre del 50% gli oneri del diritto annuale. Se ciò diventasse effettivo, le entrate delle Camere di Commercio risulterebbero dimezzate. Era inevitabile che l’Ente preso in esame non potesse limitarsi ad annuire. Anche lunedì, nel convegno al Tempio di Adriano a Roma, dove erano presenti rappresentanti delle istituzioni e della politica, Vincenzo Zottola, presidente della Camera di Commercio di Latina si è schierato contro i tagli imposti dal governo Renzi. Non ne gioverebbero le aziende, che, almeno nel Lazio risparmierebbero poco più di 60 euro l’anno. Se poi si considerano le disastrose conseguenze sull’economia, come denunciato dallo stesso Zottola, ecco che si potrebbe pensare che il Governo sta sbagliando tutto.
Eppure, il sistema delle Camere di Commercio non dice “no” ma apre a un’autoriforma. Questo vuol dire che anche l’Ente Camerale è consapevole che un cambiamento è oramai necessario. Ed è doppiamente consapevole che il mancato adeguamento ai tempi implica l’essere fagocitati dal sistema stesso. Quindi, prima che intervenga la scure di Renzi a tagliare entrate e compiti, ecco che sul piatto viene proposto di rivedere il decreto 90/2014: non un dimezzamento istantaneo delle entrate derivate dal diritto annuale, ma semmai uno graduale, una riduzione da attuare in un tempo ragionevole di tre anni. E poi le CCIAA potrebbero accorparsi. Sempre nel caso del Lazio si passerebbe da una Camera per provincia a due sole Camere nell’intera regione. Una per l’area metropolitana di Roma, e l’altra relativa alle province di Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo.
Ma, fermiamoci a riflettere. Cosa fanno veramente le Camere di Commercio per le aziende? Ovvero, quale vantaggio hanno le aziende per essersi iscritte alla Camera di Commercio? Quelle che beneficiano delle potenzialità delle CCIAA appaiono decisamente poche se messe a confronto con le tante che si limitano a pagarne la sola iscrizione. La maggior parte delle spese invece se ne va per sostenere il personale, dall’ultimo dei dipendenti al più importante dei dirigenti. Di questo l’Ente Camerale ha dimostrato di essere al corrente. E poi, anche le Camere di Commercio non dovrebbero sottrarsi al percorso di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Sempre più sportelli online e meno procedure burocratiche aiuterebbero le aziende e i loro consulenti a interfacciarsi meglio con le istituzioni e a risparmiare tempo e denaro.
Dunque, siamo sulla strada giusta, forse. Le Camere di Commercio né abolite, né esautorate dalle loro funzioni, ma dritte verso un cambiamento.